Con sentenza n. 11620/2021 la Suprema Corte ha affermato che, anche in relazione ai reati di infedele e omessa dichiarazione (oltre che alle fattispecie di omesso versamento di ritenute, di IVA, di indebita compensazione), l’accesso al rito alternativo del patteggiamento è consentito anche qualora il debito tributario non sia stato estinto.
Nel caso di specie, la ricorrente, legale rappresentante di una S.p.A., aveva impugnato la sentenza con cui la Corte d’Appello di Firenze aveva confermato la condanna di primo grado per il reato di omesso versamento IVA, punito dall’art. 10 ter D. lgs. 74/2000, alla pena sospesa di anni uno di reclusione. Il Tribunale di Lucca aveva rigettato l’istanza di patteggiamento presentata dall’imputata poiché, essendo la società fallita, non vi era la possibilità di estinguere il debito tributario, come richiesto dall’art. 13 bis comma 2 D.lgs. 74/2000.
Nell’accogliere il ricorso proposto dall’imputata, la Corte ha fondato la propria decisione sulle seguenti considerazioni.
L’art. 13 bis comma 2 D.lgs. 74/2000 subordina normalmente la richiesta di patteggiamento ex art. 444 c.p.p. al pagamento del debito tributario, comprese sanzioni amministrative ed interessi.
Tuttavia, la medesima norma fa salve da tale requisito “le ipotesi di cui all’art. 13 commi 1 e 2”, cioè i reati previsti dagli artt. 2, 3, 4, 5, 10 ter, 10 bis e 10 quater D.lgs. 74/2000.
In relazione a tali ipotesi di reato, l’art. 13 D. lgs. 74/2000 prevede, infatti, che l’adempimento del debito tributario configuri una causa di non punibilità del reato, con la conseguenza che non avrebbe senso subordinare al medesimo adempimento la meno favorevole istanza di accesso al patteggiamento.
Nonostante il caso di specie riguardasse la fattispecie criminosa ex art. 10 ter D.lgs. 74/2000, la Suprema Corte, nella motivazione, ha ritenuto tale principio applicabile non solo alle ipotesi di omesso versamento di ritenute, di IVA e indebita compensazione (artt. 10 bis, 10 ter e 10 quater comma 1 D.lgs. 74/2000), ma anche a quelle infedele o omessa dichiarazione (artt. 4 e 5 D.lgs. 74/2000).
La Suprema Corte ha chiarito che: “il pagamento del debito tributario – rappresentando in via radicale e pregiudiziale, causa di non punibilità dei reati ex articoli 10 bis, 10 ter e 10 quater, ed anche dei reati ex articoli 4 e 5 stesso decreto – non può logicamente, allo stesso tempo e per le stesse ipotesi, fungere anche da presupposto di legittimità di applicazione della pena che, fisiologicamente, non potrebbe cero riguardare reati non punibili”.
Tale pronuncia va a rafforzare l’orientamento della giurisprudenza di legittimità consolidatosi sul tema, a favore del contribuente.
Si segnala, tuttavia, l’esistenza di un filone giurisprudenziale secondo cui, in senso contrario, per le fattispecie dichiarative, a differenza di quelle di omesso versamento, la richiesta di patteggiamento sarebbe effettivamente subordinata all’estinzione del debito tributario. Tale orientamento si fonda sulla considerazione che “l’espressione “fatte salve le ipotesi di cui all’art. 13, commi 1 e 2”, che chiude l’art. 13 bis, comma 2, D.lgs. n. 74 del 2000 va letta nel senso che la sentenza ex art. 444 c.p.p. può essere emessa allorché l’estinzione del debito sia avvenuta con tempi e modalità che non consentono la più radicale e favorevole dichiarazione di non punibilità del fatto ai sensi dell’art. 13” (in tal senso Cass. Pen., n. 47287/19 e Cass. Pen., n. 26529/2020).